Quando Samuel Lewis imboccò il viale del suo ranch, erano le nove di sera. Il cancello, di assi di acero dipinte di bianco, spinto dal braccio meccanico, si chiuse alle spalle della sua Audi 8. La giornata era stata intensissima e non priva di soddisfazioni.
La visita del Presidente nella sede dello USRI, Utah Space Research Institute, si era conclusa con un elogio solenne ai ricercatori dell’Istituto da lui diretto, per il successo della missione Stardust. Tutte le reti tv nazionali avevano trasmesso la visita. Il Presidente aveva voluto entrare personalmente nel laboratorio blindato dove si conservava la polvere della cometa raccolta dalla sonda. Era eccitato come un fanciullo, quando con le sue dita un po’ tremanti, aveva sfiorato il sottile film di polvere stellare predisposto affinché il Numero Uno degli americani potesse materialmente toccare quelle particelle, vecchie milioni di anni.
Erano passate due settimane dal ritorno della sonda dallo spazio e le analisi di laboratorio avevano escluso, nei test con le cavie, che la polvere della cometa contenesse agenti patogeni per la vita animale. Per questo avevano aderito alla pressante, seppure un po’ infantile, richiesta del Presidente, “di toccare con le sue dita gli atomi e le molecole della cometa di Nazareth”. Probabilmente quella frase, di sicuro effetto giornalistico ma assolutamente insensata, gli era stata suggerita dal suo addetto stampa. Comunque l’entusiasmo del Capo avrebbe portato all’Istituto una buona stampa e soprattutto cospicui finanziamenti. “ E non sarai proprio tu, Samuel Lewis, a lagnarti dell’ignoranza del capo degli americani “ - aveva pensato mentre, sorridente accanto a lui, le telecamere riprendevano l’evento.
“Non terremo solo per noi questa polvere che racchiude la storia del cosmo” - aveva detto con orgoglio il Presidente - “ Invieremo un campione agli europei, ai russi, ai giapponesi ma anche ai cinesi e agli indiani. Vogliamo che gli uomini di scienza di ogni continente partecipino con noi allo studio e alla ricerca.
Samuel si infilò nel garage, uscì dalla macchina e si avviò fischiettando verso la scala interna che
conduceva al primo piano della casa. Ora che gli impegni per la visita del Numero Uno erano conclusi doveva farsi perdonare da Elizabeth. Erano ormai due settimane che non si recava da lei, nel suo appartamentino di Greenwood. Sentiva prepotente il bisogno di rilassarsi tra le sue braccia e godersi quel corpo incantevole. Trascorso quel week end avrebbe trovato il modo di starsene con lei più a lungo delle solite due ore. Raggiunse l’ampio salone e si avvicinò a Sara, sua moglie, e ai figli, Ariel e Rebecca seduti accanto al grande camino di pietra. Baciò tutti sulla fronte e si sedette accanto a loro, pronto a raccontare i particolari della visita presidenziale.
L’ufficio di Samuel all’USRI era spazioso e funzionale. Alle spalle della sua scrivania, una grande e luminosa vetrata si affacciava su un bosco di aceri e ontani splendente nella loro stupenda variazione cromatica dal giallo al marrone rugginoso. Samuel trascorse la mattinata a leggere i giornali che riportavano con grande enfasi la visita presidenziale. Prima della pausa del pranzo, chiamò Isaiah Horovitz, il direttore del laboratorio. Isaiah era un brllante chimico fisico dagli occhi azzurri eternamente sognanti. Gli confermò che i campioni di polvere da inviare ai centri di ricerca stranieri erano pronti per essere spedititi a Washington. Gli uomini della Segreteria di Stato avrebbero provveduto a inoltrarli per via diplomatica ai governi destinatari.
“ Aspettiamo solo il tuo ok, Samuel “ - disse Isaiah con un lampo ironico negli occhi - “e tra due, tre giorni, al massimo, qualche altro politico cercherà di incipriarsi il naso con la nostra polvere”.
“ Già, i governanti sono uguali in tutto il mondo. Ma questa pubblicità permetterà loro di trovare, nei bilanci nazionali, i fondi che ci servono. Questo è quello che ci interessa.” - Samuel concluse le sue parole stringendo amichevolmente con un braccio le spalle dello scienziato.
“ So cosa intendi, ma non mi va giù che questo texano, ubriacone, ignorante e repubblicano si tenga a galla con il nostro lavoro. Ma l’hai sentito ieri? La cometa di Nazareth! Qualche furbone del suo staff gli ha suggerito quella cazzata per scaldare il cuore ai suoi elettori fondamentalisti. E noi a sorridergli per fame di fondi.!”
“Isaiah, che dici? Parli come ai tempi dell’occupazione di Berkeley. Dobbiamo fare il nostro lavoro e farlo bene. Le tue considerazioni mi sembrano fuori posto”. Così dicendo Samuel Lewis
afferrò l’amico per un braccio e lo trascinò fuori dell’ufficio. “Vieni, ti accompagno fino al laboratorio”- Poi rivolgendosi verso Susan Tyler, la sua segretaria, le disse ad alta voce : “Susan vado a mangiare un boccone fuori dall’Istituto. Tornerò tra un paio d’ore”
Quando furono sulle scale che portavano al laboratorio, e dopo essersi guardato intorno, Lewis riprese a parlare.” Cazzo, Isaiah, dire quelle cose nel mio ufficio? Ma che ti ha preso? Devo insegnare proprio a te che ascoltano e controllano ogni nostra parola?” Horovitz sollevò i suoi limpidi occhi verso quelli dell’amico e dopo averlo fissato per qualche secondo gli sussurrò addolorato :“ Scusami Samuel. Ma quel uomo incarna tutto quello contro cui abbiamo sempre lottato. Stanno alimentando una caccia alle streghe contro ogni pensiero critico e liberale. L’espulsione delle teorie di Darwin dalle scuole, il divieto, qui, nei cinema dello Stato, della proiezione di Brokeback Mountains e ora, l’avrai letto, questa taglia nazista in California contro i docenti di sinistra!”. Lewis lo guardò quasi intenerito e concluse soridendo: “Ok e tu vuoi regalargli la tua testa e la mia per uno sfogo? Bisogna essere saggi e prudenti. Va, ora. Manda i campioni a Washington. Domani, se non avete impegni, tu, Ruth e i bambini potete venire a pranzo da noi, al ranch.”
Elisabeth Ryan era uno splendido esemplare di femmina americana. I suoi fiammeggianti capelli rossi erano il segno più evidente delle sue origini irlandesi. Un’ora di sesso con lei era come cavalcare una tavola di surf sulle onde di Stokton : Samuel non vi avrebbe rinunciato per nessuna cosa al mondo. Anche Elisabeth lavorava al Centro ed era una delle migliori assistenti di Isaiah. Era stato il suo amico a presentargliela, quattro mesi prima. Durante una delle riunioni periodiche che mensilmente convocava per verificare il lavoro di ogni dipartimento, Isaiah elogiò pubblicamente le capacità della ricercatrice. Elisabeth gli aveva stretto la mano trattenendogliela qualche istante più del dovuto e gli aveva piantato addosso lo sguardo ardente dei suoi occhi, verdi e brillanti come smeraldi. Dieci minuti più tardi aveva il suo curriculum tra le mani e il numero del suo cellulare. Quando le telefonò, andava ripetendosi la improbabile giustificazione che si era preparata per dissimulare l’uso poco corretto dei dati personali a cui lui, come direttore del centro, aveva accesso. La donna, appena cominciò a parlare, imbarazzato, lo interruppe con un tono deciso e ironico:
“ Ascolta Samuel, domani ho la serata completamente libera, ma non ho voglia di andarmene in giro. Vediamoci alle cinque del pomeriggio da me a Greenwood, ti farò bere il miglior te cinese dello Stato.” Non ci aveva pensato su neanche un secondo e le aveva risposto. “ Ok. Starò lì alle cinque”. Era cominciata così la relazione clandestina tra Elisabeth Ryan e Samuel Lewis.
Non c’era, in quella relazione, nessuna traccia di coinvolgimento sentimentale o di qualcosa che potesse definirsi romantico. Li spingeva, l’uno verso l’altra, un pura attrazione fisica, che esplodeva, periodicamente, in un paio d’ore di sesso sfrenato. Ma se Elisabeth, single e assolutamente restia a duraturi legami sentimentali, viveva spensieratamente il suo rapporto con Samuel, la stessa cosa non poteva dirsi di lui. Nonostante la sua convinzione, che con la giovane donna scambiasse solo pause sessuali, così definiva con se stesso quegli incontri intensi nell’appartamento di Greenwood, non poteva non provare, verso Sara e la sua famiglia, un ineludibile senso di colpa. Tuttavia il piacere che gli dava, liberatosi freneticamente degli abiti, impadronirsi del corpo ardente della sua amante, aveva avuto, fino a quel momento, ragione della sua accomodante coscienza e, quel che più contava, tutto sembrava filare nella più perfetta segretezza. Fino al barbecue di fine mese, quando il team di punta dei ricercatori dell’USRI e le loro famiglie, come d’abitudine, si riunirono nel ranch di Samuel.
La serata si stava concludendo, come al solito, intorno alla elegante piscina del ranch. Gli invitati, salvo i più giovani che continuavano a ballare dalla parte opposta, erano seduti in circolo e aspettavano di assaggiare il vino rosso italiano per il quale, la cantina di Samuel Lewis , era famosa.
Mentre il padrone di casa, assistito dalla moglie Sara , stava stappando le bottiglie, Aaron Douglas, uno dei capi dipartimento dell’Istituto, già al sesto Martini, si avvicinò barcollando ad Elisabeth Ryan e le chiese ad alta voce che fine avesse fatto il suo ultimo fidanzato.
“L’ho mollato, Aaron, adesso è Samuel il mio stallone” L’incredibile risposta della giovane donna ebbe l’effetto di un raggio paralizzante: per un attimo tutti i presenti si fermarono immobili con i volti stupefatti. Samuel Lewis, che stava cavando il tappo di una delle sue pregiate bottiglie, alzò il capo verso la sua amante con una espressione che a nessuno avrebbe potuto far venire in mente che quell’uomo possedeva uno dei più alti QI degli States. Le nocche tese e bianche per la tensione intorno alla coppa che attendeva il vino, furono l’unico segno che Sara Lewis era rimasta altrettanto fulminata. L’espressione più stupefatta fu però quella della Ryan. Appena ebbe finito di pronunciare quelle fatali parole, rimase un attimo come perplessa per poi portarsi le mani alla bocca, sgranare gli occhi in un sincero sbigottimento e infine cadere svenuta sul bordo della piscina.
Qualche attimo dopo la giovane ricercatrice riprese i sensi grazie alla sollecitudine di Isaiah Horowitz, l’unico che si era precipitato in suo soccorso. La donna si scusò dando la colpa del malore ai numerosi drink e rivolgendosi ai Lewis disse con la faccia più seria del mondo: “Naturalmente, prima mi riferivo a Samuel Goldsmith. Un lobbista di Washington che ho conosciuto durante la visita del Presidente.”
La visita del Presidente nella sede dello USRI, Utah Space Research Institute, si era conclusa con un elogio solenne ai ricercatori dell’Istituto da lui diretto, per il successo della missione Stardust. Tutte le reti tv nazionali avevano trasmesso la visita. Il Presidente aveva voluto entrare personalmente nel laboratorio blindato dove si conservava la polvere della cometa raccolta dalla sonda. Era eccitato come un fanciullo, quando con le sue dita un po’ tremanti, aveva sfiorato il sottile film di polvere stellare predisposto affinché il Numero Uno degli americani potesse materialmente toccare quelle particelle, vecchie milioni di anni.
Erano passate due settimane dal ritorno della sonda dallo spazio e le analisi di laboratorio avevano escluso, nei test con le cavie, che la polvere della cometa contenesse agenti patogeni per la vita animale. Per questo avevano aderito alla pressante, seppure un po’ infantile, richiesta del Presidente, “di toccare con le sue dita gli atomi e le molecole della cometa di Nazareth”. Probabilmente quella frase, di sicuro effetto giornalistico ma assolutamente insensata, gli era stata suggerita dal suo addetto stampa. Comunque l’entusiasmo del Capo avrebbe portato all’Istituto una buona stampa e soprattutto cospicui finanziamenti. “ E non sarai proprio tu, Samuel Lewis, a lagnarti dell’ignoranza del capo degli americani “ - aveva pensato mentre, sorridente accanto a lui, le telecamere riprendevano l’evento.
“Non terremo solo per noi questa polvere che racchiude la storia del cosmo” - aveva detto con orgoglio il Presidente - “ Invieremo un campione agli europei, ai russi, ai giapponesi ma anche ai cinesi e agli indiani. Vogliamo che gli uomini di scienza di ogni continente partecipino con noi allo studio e alla ricerca.
Samuel si infilò nel garage, uscì dalla macchina e si avviò fischiettando verso la scala interna che
conduceva al primo piano della casa. Ora che gli impegni per la visita del Numero Uno erano conclusi doveva farsi perdonare da Elizabeth. Erano ormai due settimane che non si recava da lei, nel suo appartamentino di Greenwood. Sentiva prepotente il bisogno di rilassarsi tra le sue braccia e godersi quel corpo incantevole. Trascorso quel week end avrebbe trovato il modo di starsene con lei più a lungo delle solite due ore. Raggiunse l’ampio salone e si avvicinò a Sara, sua moglie, e ai figli, Ariel e Rebecca seduti accanto al grande camino di pietra. Baciò tutti sulla fronte e si sedette accanto a loro, pronto a raccontare i particolari della visita presidenziale.
L’ufficio di Samuel all’USRI era spazioso e funzionale. Alle spalle della sua scrivania, una grande e luminosa vetrata si affacciava su un bosco di aceri e ontani splendente nella loro stupenda variazione cromatica dal giallo al marrone rugginoso. Samuel trascorse la mattinata a leggere i giornali che riportavano con grande enfasi la visita presidenziale. Prima della pausa del pranzo, chiamò Isaiah Horovitz, il direttore del laboratorio. Isaiah era un brllante chimico fisico dagli occhi azzurri eternamente sognanti. Gli confermò che i campioni di polvere da inviare ai centri di ricerca stranieri erano pronti per essere spedititi a Washington. Gli uomini della Segreteria di Stato avrebbero provveduto a inoltrarli per via diplomatica ai governi destinatari.
“ Aspettiamo solo il tuo ok, Samuel “ - disse Isaiah con un lampo ironico negli occhi - “e tra due, tre giorni, al massimo, qualche altro politico cercherà di incipriarsi il naso con la nostra polvere”.
“ Già, i governanti sono uguali in tutto il mondo. Ma questa pubblicità permetterà loro di trovare, nei bilanci nazionali, i fondi che ci servono. Questo è quello che ci interessa.” - Samuel concluse le sue parole stringendo amichevolmente con un braccio le spalle dello scienziato.
“ So cosa intendi, ma non mi va giù che questo texano, ubriacone, ignorante e repubblicano si tenga a galla con il nostro lavoro. Ma l’hai sentito ieri? La cometa di Nazareth! Qualche furbone del suo staff gli ha suggerito quella cazzata per scaldare il cuore ai suoi elettori fondamentalisti. E noi a sorridergli per fame di fondi.!”
“Isaiah, che dici? Parli come ai tempi dell’occupazione di Berkeley. Dobbiamo fare il nostro lavoro e farlo bene. Le tue considerazioni mi sembrano fuori posto”. Così dicendo Samuel Lewis
afferrò l’amico per un braccio e lo trascinò fuori dell’ufficio. “Vieni, ti accompagno fino al laboratorio”- Poi rivolgendosi verso Susan Tyler, la sua segretaria, le disse ad alta voce : “Susan vado a mangiare un boccone fuori dall’Istituto. Tornerò tra un paio d’ore”
Quando furono sulle scale che portavano al laboratorio, e dopo essersi guardato intorno, Lewis riprese a parlare.” Cazzo, Isaiah, dire quelle cose nel mio ufficio? Ma che ti ha preso? Devo insegnare proprio a te che ascoltano e controllano ogni nostra parola?” Horovitz sollevò i suoi limpidi occhi verso quelli dell’amico e dopo averlo fissato per qualche secondo gli sussurrò addolorato :“ Scusami Samuel. Ma quel uomo incarna tutto quello contro cui abbiamo sempre lottato. Stanno alimentando una caccia alle streghe contro ogni pensiero critico e liberale. L’espulsione delle teorie di Darwin dalle scuole, il divieto, qui, nei cinema dello Stato, della proiezione di Brokeback Mountains e ora, l’avrai letto, questa taglia nazista in California contro i docenti di sinistra!”. Lewis lo guardò quasi intenerito e concluse soridendo: “Ok e tu vuoi regalargli la tua testa e la mia per uno sfogo? Bisogna essere saggi e prudenti. Va, ora. Manda i campioni a Washington. Domani, se non avete impegni, tu, Ruth e i bambini potete venire a pranzo da noi, al ranch.”
Elisabeth Ryan era uno splendido esemplare di femmina americana. I suoi fiammeggianti capelli rossi erano il segno più evidente delle sue origini irlandesi. Un’ora di sesso con lei era come cavalcare una tavola di surf sulle onde di Stokton : Samuel non vi avrebbe rinunciato per nessuna cosa al mondo. Anche Elisabeth lavorava al Centro ed era una delle migliori assistenti di Isaiah. Era stato il suo amico a presentargliela, quattro mesi prima. Durante una delle riunioni periodiche che mensilmente convocava per verificare il lavoro di ogni dipartimento, Isaiah elogiò pubblicamente le capacità della ricercatrice. Elisabeth gli aveva stretto la mano trattenendogliela qualche istante più del dovuto e gli aveva piantato addosso lo sguardo ardente dei suoi occhi, verdi e brillanti come smeraldi. Dieci minuti più tardi aveva il suo curriculum tra le mani e il numero del suo cellulare. Quando le telefonò, andava ripetendosi la improbabile giustificazione che si era preparata per dissimulare l’uso poco corretto dei dati personali a cui lui, come direttore del centro, aveva accesso. La donna, appena cominciò a parlare, imbarazzato, lo interruppe con un tono deciso e ironico:
“ Ascolta Samuel, domani ho la serata completamente libera, ma non ho voglia di andarmene in giro. Vediamoci alle cinque del pomeriggio da me a Greenwood, ti farò bere il miglior te cinese dello Stato.” Non ci aveva pensato su neanche un secondo e le aveva risposto. “ Ok. Starò lì alle cinque”. Era cominciata così la relazione clandestina tra Elisabeth Ryan e Samuel Lewis.
Non c’era, in quella relazione, nessuna traccia di coinvolgimento sentimentale o di qualcosa che potesse definirsi romantico. Li spingeva, l’uno verso l’altra, un pura attrazione fisica, che esplodeva, periodicamente, in un paio d’ore di sesso sfrenato. Ma se Elisabeth, single e assolutamente restia a duraturi legami sentimentali, viveva spensieratamente il suo rapporto con Samuel, la stessa cosa non poteva dirsi di lui. Nonostante la sua convinzione, che con la giovane donna scambiasse solo pause sessuali, così definiva con se stesso quegli incontri intensi nell’appartamento di Greenwood, non poteva non provare, verso Sara e la sua famiglia, un ineludibile senso di colpa. Tuttavia il piacere che gli dava, liberatosi freneticamente degli abiti, impadronirsi del corpo ardente della sua amante, aveva avuto, fino a quel momento, ragione della sua accomodante coscienza e, quel che più contava, tutto sembrava filare nella più perfetta segretezza. Fino al barbecue di fine mese, quando il team di punta dei ricercatori dell’USRI e le loro famiglie, come d’abitudine, si riunirono nel ranch di Samuel.
La serata si stava concludendo, come al solito, intorno alla elegante piscina del ranch. Gli invitati, salvo i più giovani che continuavano a ballare dalla parte opposta, erano seduti in circolo e aspettavano di assaggiare il vino rosso italiano per il quale, la cantina di Samuel Lewis , era famosa.
Mentre il padrone di casa, assistito dalla moglie Sara , stava stappando le bottiglie, Aaron Douglas, uno dei capi dipartimento dell’Istituto, già al sesto Martini, si avvicinò barcollando ad Elisabeth Ryan e le chiese ad alta voce che fine avesse fatto il suo ultimo fidanzato.
“L’ho mollato, Aaron, adesso è Samuel il mio stallone” L’incredibile risposta della giovane donna ebbe l’effetto di un raggio paralizzante: per un attimo tutti i presenti si fermarono immobili con i volti stupefatti. Samuel Lewis, che stava cavando il tappo di una delle sue pregiate bottiglie, alzò il capo verso la sua amante con una espressione che a nessuno avrebbe potuto far venire in mente che quell’uomo possedeva uno dei più alti QI degli States. Le nocche tese e bianche per la tensione intorno alla coppa che attendeva il vino, furono l’unico segno che Sara Lewis era rimasta altrettanto fulminata. L’espressione più stupefatta fu però quella della Ryan. Appena ebbe finito di pronunciare quelle fatali parole, rimase un attimo come perplessa per poi portarsi le mani alla bocca, sgranare gli occhi in un sincero sbigottimento e infine cadere svenuta sul bordo della piscina.
Qualche attimo dopo la giovane ricercatrice riprese i sensi grazie alla sollecitudine di Isaiah Horowitz, l’unico che si era precipitato in suo soccorso. La donna si scusò dando la colpa del malore ai numerosi drink e rivolgendosi ai Lewis disse con la faccia più seria del mondo: “Naturalmente, prima mi riferivo a Samuel Goldsmith. Un lobbista di Washington che ho conosciuto durante la visita del Presidente.”
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