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venerdì 20 settembre 2013

Di calcio, di rifiuti e d’altre cose…



Il calcio, si sa, oltre ai sentimenti degli appassionati, muove tante altre cose, soprattutto economico-finanziarie. Siamo in questo a una svolta strutturale. Bilanci sani, stadi di proprietà, ridefinizione delle remunerazioni. In Italia alcuni club si stanno comportando meglio di quelli europei, peccato che l’azione di governo (sia locale che nazionale) non accompagni con misure incisive quest’azione di risanamento. Tra l’altro mettere in cantiere la costruzione di quattro/cinque grandi stadi darebbe fiato a tante imprese piccole e medie dell’edilizia e del suo indotto. Oltre a cogliere un’occasione di riqualificazione di aree urbane e metropolitane.  Si preferisce, invece,  attizzare le polemiche, costruire polveroni, lisciare il pelo agli ultras. C’è bisogno di svecchiamento e di sburocratizzazione delle istituzioni specifiche del calcio e dello sport. Qualcosa si muove ma con eccessiva lentezza. Torino e Roma, al netto delle immaturità di frange di tifosi, stanno meglio di Milano, dove una squadra è ancora prigioniera del conflitto di interesse del padrone e l’altra sta per passare di proprietà e non è chiaro se questa si muoverà nel rispetto del fair play finanziario o se replicherà i difetti dei paperoni russi, arabi o spagnoli, con grave danno per il rigore nazionale. Il Napoli, liberatosi del provincialismo vittimista di Mazzarri e avendo investito intelligentemente la plusvalenza del mercato, può ritrovare una stabilità nei livelli alti ed è un’ottima notizia. «Siamo ciò che facciamo ripetutamente. L’eccellenza non è un atto, ma un’abitudine» Diceva Aristotele. Al Napoli questo è mancato ma Benitez è l’uomo giusto per radicare questa abitudine e non farsi risucchiare dall’interessato e plebeo  vittimismo meridionale.  Roma e Fiorentina sono due splendide realtà destinate a crescere quanto più i propri manager sapranno rendere impermeabile i rispettivi spogliatoi alle interferenze delle tifoserie, vera croce e delizia di questi club. Insomma ci sarebbero le condizioni per riprendersi l’eccellenza in Europa investendo, fuor di chiacchiera e retorica,  in giovani, collettivo e sudore. Il 2014 è l’anno dei mondiali in Brasile. Ci siamo già qualificati. Il mio sogno è di arrivarci con una Italia cambiata nei vertici. In tutti i vertici. Un’Italia dimezzata nella sua burocrazia gerontocratica e rallentatrice, liberata dalle vecchie figurine del Novecento. Aggiungo un sogno che mi perseguita: un’Italia che costituisca l’Ente nazionale rifiuti, togliendo quella che è una risorsa moderna alla rete criminogena degli interessi e delle incompetenze particolari ed affidandola alle soluzioni della Scienza e della Tecnica. È il mio personale bandolo della matassa…