Quando le colpe sono solo dei
Tartari ti chiudi nel fortino e consoli
e rassicuri i tuoi con l’attesa inutile di una palingenesi. Lotta
all’inflazione e politiche della sicurezza sono i due tratti che contraddistinguono
una forza autenticamente popolare. Lo ripeteva spesso Giorgio Amendola
polemizzando con quelli che in economia arzigogolavano sulla irriformabilità
del modello capitalistico e quelli, quasi sempre gli stessi, comprensivi, nella
giustificazione sociale, della diffusione della micro criminalità. Sono passati
35 anni dal dibattito sulle politiche di rigore e dell’ordine democratico della
seconda metà degli anni settanta, e siamo ancora a dividerci esattamente sulle
stesse cose. Ed è esattamente per questo che quel terzo di elettorato di
sinistra
è rimasto lo stesso, senza
valicare i suoi recinti e diventare persuasivo della maggioranza degli
italiani. Fa dunque una notevole impressione vedere come rapidamente si gettino
a mare, svalutandoli, dodici mesi di rigore montiano. Si badi bene, non una
ricetta liberista qualunque - come si dice a ogni piè sospinto - ma l’onesto riconoscimento – che dovrebbe
prescinder dai destini personali di Monti - che alla crisi degli equilibri economici e
finanziari mondiali, si aggiunge in Italia una specificità dovuta a una
trentennale e sfrenata spesa pubblica che ha impiombato l’ottavo paese
industrializzato a una decennale non crescita. Mentre l’enorme metastasi
burocratica e corruttiva e la
moltiplicazione inusitata di livelli di rappresentatività pletorica hanno reso
ancora più lento e inadeguato il potere di decisione e di scelta dell’intero
sistema. Di entrambi i fenomeni le responsabilità sono condivise da tutti e non
serve consolarsi sulle differenze percentuali. Colpiscono, così,
paradossalmente, le analogie e gli
approdi del pensiero strutturato di Fassina e di quello illogico di Berlusconi:
i mali vengono dall’estero, da circoli opachi alla Bildeberg che nello stivale
s’incarnano poi nella massoneria di qualunque rito, nei circoli dei Rotary e
dei Lion’s. Per Berlusconi c’è un complotto internazionale che gli ha impedito
di governare per venti anni, per Fassina c’è il liberismo mondiale ed europeo che
bisogna ribaltare – tema sicuramente
all’ordine del giorno - mentre in Italia
è sufficiente un po’ di deficit spending e inflazione controllata - povero
Amendola senza più Pantheon! Hai voglia
a convocare Dell’Aringa e Mucchetti se il tuo corpo militante, quello che
dialoga con i cittadini da conquistare a cinque anni di ulteriore e più ampio
rigore , si nutre di simili semplificazioni ottocentesche. A questa dicotomia
del pensarla in un modo ai vertici e praticare l’embrassons nous alla base
abbiamo sempre pagato un prezzo nelle ore cruciali di possibile svolta. Sta
accadendo anche questa volta. E se ti provi a dirlo sei disfattista .
Altrettanto paradossale trovo, a
parte il tradizionale e quasi liturgico accenno all’esigenza di lottare contro
le mafie, l’assenza nei ragionamenti del nostro candidato premier, di
riferimenti forti alla necessità di restituire sicurezza all’ambiente di vita,
pesantemente e giornalmente assediata nei grandi centri urbani, come nei
piccoli, da una microcriminalità che aggredisce nelle strade, nei supermercati,
nelle scuole, negli ospedali, al ritorno dagli uffici postali e, se finalmente,
sembra crescere l’allarme sulla violenza contro le donne, sempre più sfocati e
sottovalutati appaiono quei i piccoli delitti che condizionano pesantemente la
libertà di ciascuno. E che dire della diffusione di alcool tra i giovani e la moltiplicazione
inusitata fino ai livelli del consumo alimentare dei giochi d’azzardo di stato? Anche in questo ambito siamo a
livelli e caratteristiche del tutto specifiche italiane. E siccome non c’è un
estero maligno, se non in qualche paese sudamericano e del far east asiatico,
semplicemente stendiamo un velo e non parliamo di quello che invece preoccupa
milioni di nostre famiglie. Chissà, magari, via via che la contesa si fa più
dura, si troverà il modo di correggere prima di dover rincorrere qualcun altro.