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martedì 13 agosto 2013

I "misuratori dello spessore" di Matteo Renzi

Una onesta analisi dei fatti, libera da interessi particolari, di fazione, di corrente o di corporazione, che non vi sovrappone, dunque, aspettative cariche di difese ideologiche o di privilegiate posizioni di rendita, sibbene mira alla sostanza della domanda principe, chi sia il più adeguato politicamente a conservare e innovare, non può che portarci a considerare con grande simpatia Matteo Renzi. I sondaggi, da quasi due anni, lo danno in testa alle classifiche di gradimento dell’opinione pubblica con livelli tali - massime se comparati con Silvio Berlusconi e Beppe Grillo - che è evidente come il giovane politico fiorentino sia percepito allo stesso tempo portatore di una vis destruens e di una vis construens. Vale a dire che il suo messaggio politico possiede entrambi   i corni che determinano insieme, nel nostro paese, un largo consenso, interclassista e generazionale. 

La stessa onesta interpretazione dei fatti ci fa dire che proprio per questo, nelle passate elezioni - di fronte a un gruppo dirigente democrat mostratosi scarsamente lungimirante, poco aderente agli umori dei cittadini e fondamentalmente conservatore nello sbarrare il passo al giovane contendente le primarie - l’elettorato si è tripolarizzato. Beppe Grillo è il destruens per eccellenza, Silvio Berlusconi la delusione reiterata di rivoluzioni liberali mancate, Pierluigi Bersani il simbolo di un consociativismo almeno corresponsabile della cattiva amministrazione della cosa pubblica. Il risultato elettorale ha così prodotto lo stallo che conosciamo, obbligato Giorgio Napolitano ad accettare il secondo mandato, Enrico Letta a guidare un governo di larghe intese per un programma minimo. Nei primi cento giorni l'esecutivo non è apparso fondarsi   su un programma anticipatore del minimo comun denominatore delle principali forze politiche, bensì su un prolungato braccio di ferro in chiave elettorale, con modalità che nessuno dei due principali leader del Pdl e del PD, profondamente ammaccati e feriti, appaiono in grado di definire, nonostante il pregiudiziale richiamo del Presidente della Repubblica. Un congresso libero e aperto del PD sembrerebbe l’unico passaggio efficiente per sbloccare questa situazione. Sono convinto che, nonostante in molti stiano spendendo le loro inesauste energie per disperdere l’ennesima occasione di svolta, l’assise politica dei democratici si farà incoronando leader Matteo Renzi. 

 In questa prospettiva che mi appare avere dalla sua la forza potente delle cose, si stanno levando,da destra, dal centro e dalla sinistra, i “misuratori dello spessore” del prossimo leader democratico. Cosa significhi “avere spessore” quando la domanda riguardi un politico vincente tra i suoi e nell’elettorato, è qualcosa che ha a che fare con le pretese mediatiche di lobby assurte a katechon, al potere che frena, direbbe il filosofo. Lo spessore di un politico , se vogliamo restare fedeli a questa terminologia, lo misurano il consenso e l'entusiasmo in grado di determinare. L'efficacia, una volta eletto, la dimostrerà l'azione di governo. Se poi con spessore si volesse intendere altro di specialistico, di accademico, di lungo corso burocratico, di titoli ed esami, staremmo, nella morente seconda repubblica, sfidando il ridicolo di fronte alle ripetute magre figure di conclamati e venerati "spessori". Tuttavia essendo da molti anni scomparsi quei pochi grandi commentatori che separavano i fatti dalle opinioni, per misurare lo spessore di qualcuno bisognerebbe esserne dotati e, soprattutto, certificati. Non mi sembra questo il caso di questi sussiegosi chiosatori.