Fatti pioggia
Unica amante
ritrovata
attesa
accolta per sempre
bagnami.
Bagnami
e mentre ti sfioro
la bocca
e le pupille
il palato
e il collo
il petto
e il ventre
rinnova il tuo trionfo
sul mio corpo mortale
e lascia che i miei occhi
si accechino.
Tra la spalla e il collo
segnami.
Chiudi il cerchio dei tuoi denti
mentre ritorno
infisso alla matrice
a cercare la vita
Dopo di me
Rompono il flusso
delle domande inquiete
e dei giorni scontati
le teste chine dei figli
a decifrare i segni del loro sapere.
La monotonia delle ore
e il disincanto
s’infrangono al loro cospetto.
Accolgo
senza mai smemorarmi
il solo amore
che possiede il domani
e spio alacremente
ogni accadimento
alle sue frontiere.
Dinanzi ad attese
che non sono mie
e che hanno il mio sangue
per quanto desideri ritrarmi
s’abbatte in mille pezzi
la statua di bronzo
delle mie certezze.
Ora scruto l’orizzonte.
Ora m’ingegno
a imbrigliare il vento.
Ora sottraggo i semi
ai tordi infreddoliti
e copro il pane lievito.
Ora riparo il tetto.
E quando gli occhi
mossi dalla mia immaginata carezza
si levano a incrociare i miei
leggo i segni della semina.
Quel tenero
saldo sorriso
mi restituisce più forte
alla filosofia.
L'amore diverso
Occhi scuri che brillano.
Tra la bocca e il seno
si libera il tuo desiderio
nell’impavida gola.
Occhi scuri che celano.
Pensieri segreti
e palpiti audaci
e sogni di adolescente.
Aspettavi trepida e incerta
sospesa evanescenza
un altro destino d’amore
e le parole che non avevi
mai ascoltate.
Finalmente é giunto
e ti specchi.
Scopri
negli occhi dell' amante
la tua bellezza
libera e incantata
timida e diversa.
Corpora
Cadono a gocce i pensieri
su un letto caldo di noia
rimbalzando pigri
su profili già decifrati.
Non resta che attendere la notte.
Quando ogni cosa annerisce
e gli occhi cedono il passo
alla seduzione dei sogni.
A te
A te.
Amore sconosciuto
dalla postura quieta.
Amico del tempo lento.
Occhi che hanno attraversato
mille sentieri e vissuto mille vite.
Ami la musica a la carte
rhythm and blues
dei tuoi pensieri filigranati.
Conviene invocarti
solo se si hanno polsi d’acciaio
e cuore forte.
A te
gli auguri
per un altro giro sull’ellissi.
Corrispondenze biunivoche
Corrispondenze biunivoche
tra forma e sostanza
dissolvono in sequenza
gli affanni della mente.
Il silenzio è il verbo
di iridi confuse
oltre il tempo e il luogo.
Eppure
movimenti diacronici
di esperienze altre
frenano i gesti
nati da un identico respiro.
I tuoi simulacri banchettano
con ossa calcinate
da desideri annoiati.
Parodie senza palpiti
d’innocenza negata.
Non chiedo ragione alle stelle
di fuochi perenni
su traettorie immutabili.
E' alla tua luce
che chiedo coscienza.
Nascosta
dietro porte
di palissandro intarsiato
soffochi il grido
della tua carne placata
tra l’ignavia dei molti
inutili amanti.
Di tutte le stridule paure
guardiane infaticabili e invidiose
la più grande é quella
di occhi finalmente testimoni
della tua verità.
E questo temi.
Unica
Non ti ho incontrata
pellegrino
calpestando
le mille vie della rosa dei venti.
Né immaginata
tra gli infiniti giochi della mente.
Niente di simile a te
prima.
Niente dopo la tua epifania.
Questo ti rende unica
ai miei occhi
come solo a chi legge
appare la poesia.
Il tuo enigma risolto
mi appartiene.
I tuoi pianeti mi appartengono.
Solo ti è concesso
il libero uso delle superfici.
La libreria
Risuona la mia mansarda
del fragore delle armi di Omero.
La voce profonda del Bardo di Avon
racconta profetica
le passioni dei potenti
gli amori delle regine
i giochi degli elfi.
Scende dagli scaffali disordinati
il bisbiglio dei contemporanei.
Si accapigliano
Clio e Urania
e sovrasta
il consesso di uomini virtuosi
l’eco risorgente
della domanda che precede l’azione
scagliata dall’uomo di Lena.
Al tramonto
la luce intenerisce i colori
e mi siedo
ad ascoltare in silenzio
la voce dei poeti
che zittisce tutti.
Pensieri all'alba
Petali aperti
vermigli al desiderio
velati di rugiada
secreta
al grido della tua gola morbida
mai arresa alla tirannia del Tempo.
Si chiude l’anello
delle dita bianche e affusolate
lacerando il velo
di desideri antichi
inascoltati.
Delfi
Apparve improvviso
tra due colonne corinzie
velate di filigrana
il mistero di un sentiero
promesso e celato.
La mano della vestale
indicava la via
e i passi del credente
si persero
nella profondità dell’abisso.
Penelope
Pensi che ad attirarmi
siano le eleganti nere colonne del tuo Tempio?
O i marmi d’alabastro
e le purissime foglie d’acanto?
Che sia l’oro filigranato dei fregi
a spingermi a bussare?
Fino consumare le mie mani sulle tue porte?
Vedi nelle mie sembianze
l’impazienza insulsa del giovinetto?
o qualcosa del mio alfabeto
mi ha assomigliato
all’artista impotente che ti soggiace
privato del suo destino
ubriaco di note ed accordi?
Ho frantumato
calcinato
e poi rifuso ogni parola
per donartela nuova.
Non volevo ti giungessero echi
e suoni consumati dall’abitudine.
Belati di Proci pretendenti
ai piedi del tuo letto.
Là dove tessi la tela
voglio entrare.
Seduto accanto
a consegnarti la lana
e i fili dei tuoi tessuti.
Léggere le trame
dei tuoi volubili disegni
angeli annunciatori
di una verità che si concede
all’esule ritrovato.
Interazioni
Pianeti identici
di differenti ellissi
tracciate su piani paralleli.
Destinati a incontrarsi
al girare del secondo fuoco
l’uno sull’altro.
La collisione impossibile
non riguardò le maree.
Si mossero
oceani di immota energia
curvando superfici
ad altezze
di aria rarefatta
e cristalli di ghiaccio.
Sui fondali
scoperchiati
ignoti alle bussole
e a carte stellari
s’accesero tutti i colori.
Dal rosso al violetto
divamparono i fuochi.
Sogni imprigionati
all’alba delle galassie.
Ordalia
Scorrono i giorni
divorando
tenere carezze
intrepide.
I pensieri nuovi
attraversano
paesaggi senza mistero
profumati di mirto.
La gola risuona
rinnovando i sogni
e i trionfi
Al calar della notte
gli occhi riarsi
scrutano i confini
e i fuochi messaggeri
delle nuove ordalie.
Ellade
Erano senza colore
gli occhi dei suoi amanti
e quando implacabile
si volgeva all’Amore
non recava tracce
né ricordi.
Invocava il dio
testimone
delle sue vittorie
sul Tempo
e nei suo volto
rinnovava la linfa.
Intorno a lei gli altari
ancora caldi
mostravano i sacrifici
inconsapevoli
della sua purificazione.
L’ora di mezzo
Quando
le ore passate dall’alba
hanno già consumato
la speranza
e quelle della notte
giungono
recandoti un oblio
ogni volta più corto.
Quella
è l’ora di mezzo.
Il limbo inquieto
dove ti aggiri
immemore di banchetti profani
e solo la tua musica ti detta i passi.
Potrei allora apparirti
in quel tempio
che mai fu aperto ai barbari?
Chiudere il cerchio
con le mie mani?
Alfa e omega della tua vita?
Si. Potrei.
Percuotono i miei palmi
la grande porta invalicata
per giungerti di fronte.
Mille corpi abitano il mio
e solo uno é il volto.
Il tuo.
Ad portas
Chi è il Barbaro che si è avvicinato al mio Tempio?
Ha bussato con palmi aperti
privo di armi.
Dove attinge tanta sicurezza?
Non ha letto gli stendardi sul sentiero?
Forse è cieco.
Forse non sa decifrare le mie scritture.
Non sa del mio scudo e dei miei artigli.
Ha osato il Barbaro
sfidare il morso dei miei denti.
Insensato!
Allora perché vacillo?
Perché appoggio l’orecchio sul bronzo levigato della porta
e ascolto le parole di miele?
Cos’è questo presagio inaspettato
che mi avvolge e mi tenta ?
Il Barbaro vuole entrare nel Tempio.
Non ha visto
avvicinandosi
le ossa biancheggiare alla luna
tra gli anfratti del Monte?
Non ha compreso
che la mia maschera
che seduce e stermina
è visibile solo fuori le Mura?
Il Barbaro ha letto le mie cifre
e i numeri della mia nascita.
Per questo nulla lo ha fermato.
E ora chiede senza tregua
la Verità.
Amor pagano
Scorrono lente le ore
quando teneri e trepidanti
salgono i pensieri di nuovi amori.
Scrutano inquieti
gli occhi ambrati
i gesti dell’altro
smemorandosi
dei giorni dell’affanno.
Si accende
l’inutile gelosia.
di chi conta nell’ombra
le ore che mancano alla notte
e ai movimenti volubili del tuo desiderio.
Memore della dolcezza
che ha illuminato il giorno.
Non trema
né teme confronto
il Barbaro.
Ha guardato i mutevoli confini
dei tuoi sogni segreti
e ascoltato l’assordante silenzio
delle tue tregue.
Ti attende tranquillo
nelle ore che sono solo tue.
I giorni che conto
Ci sono i giorni dell’Esilio.
Insensati
che non ci appartengono.
Scansioni ritmate
pendoli di quarzo.
Giorni che ci vivono
accanto
perduti dalla nostra distrazione.
Non hanno sapore.
Se l’avessero sarebbero nostri.
Ci sono i giorni dell’Assenza.
Senza i tuoi occhi.
Non hanno forma
né suoni
né incanto.
Sono i giorni che conto.
A partire da…
Nulla prima di quel giorno
della tua Epifania.
Ci sono i giorni della Resa.
Mia e tua
senza condizioni.
Anime finalmente confuse
a danzare duende.
Percussioni cadenzate
oscillazioni implacabili
accendono l’oro dei tuoi occhi
Sono i giorni della luce curva
che cancella la tirannia del Tempo
mentre soffochi l’urlo
nel tuo morso d’alabastro.
Morrigan
Fece due passi avanti
Morrigan
a coprire il suo Re
Sola e severa
tra fanti e alfieri
e cavalli insanguinati.
Alle sue spalle
gli altari abbandonati.
Oltre le porte
disserrate del Tempio
gli spenti bracieri
e i pennoni di Macha.
Dritta e nera colonna
ardeva.
Vergine palpitante di desiderio
vegliava la lancia arrossata
del figlio di Lugh
prediletto tra i guerrieri.
Poi il suo mantello
si fece piuma di ali
e volò sulla spalla
dell’amore caduto.
Il sacrificio
Labirinti di parole
secrete dalla mente.
Filamenti d’argento
tessuti
in cristalli gelati
da labbra socchiuse
a nascondere
invano
denti di lupo.
Guerrieri disarmati
contro la paura
che nasce
dove non ci siamo misurati.
Si nutre
del non sapersi estenuati.
Non sopportano
le basiliche di Pan
l’incenso e la mirra
ma altari rossi di vino
e percussioni di tamburi.
Tu
precipitato lucifero
ti porti dentro
il ricordo mai estinto
dell’antica innocenza.
Attimi di smarrimento
fermano i tuoi artigli
a un passo dal cuore
e sempre ti soccorre
la mano complice
del nuovo amante.
Tregua senza sollievo
che dura
il tempo del cristallo di neve.
Goccia evaporata
sulla pelle inarcata.
Non condividono
i servi
il potere della Regina
né i delitti.
Non chiede il lupo
ragione della sua fame
o permessi
al profumo dell’estro
né la luna
disegna i suoi cicli
conservando memoria
degli ululati.
Vibra i tuoi colpi
e guardami.
Solleva il seno
alla mia lama
senza paura.
Vedrai finalmente
il colore del sangue
che nessuno ha mai sparso.
E tornerai alla nascita.
Appena sotto
Appena sotto
la splendida pelle
inerme alle carezze
c’era la lupa.
Gli occhi grigi
della madre selvaggia
e gli impietosi denti affilati.
Quando la baciò
bevve da tutte le gole
che aveva lacerato.
Quando la prese
sentì il calore
dei mille accoppiamenti
consumati ai pleniluni.
Scoprì
senza rimedio
il potere della vita
e la sapienza
che custodiva il seme.
Ora
Ora.
Né prima né dopo.
Mai uguale a nessun’altra
delle mille te
svanite all’alba
dopo furori che ti lasciano intatta
e implacata.
Ora.
Troppo lontana
per sacrificarmi
troppo vicina
per ingannare
gli occhi che si posano
sulla tua solitudine.
Ora.
Mi chiudo
tra i tuoi labirinti
senza chiederti il filo
e vivo
invincibile
i tuoi attimi
senza di me.
Ora.
Ogni verso ti contiene
sedotto dai gesti
che rimarranno ignoti
sepolti
dal rosario di passioni
cadenzate ed esangui
che ti hanno lasciata invisibile.
Omero
Era cieco il primo poeta.
Vedeva con il cuore
amori di uomini
e battaglie di eroi
invidiati dagli dei.
Io vedo e non sono poeta.
Osservo la realtà.
E quand’anche non mi rivolga
alle stelle
mi catturano
mondi infiniti
oltre ogni immaginazione.
Ai sensi
non resta che scegliere.
E rimpiangere.
L’oro dell’ultimo sguardo
possiede
la magia rubata agli altri
Lo spegnerà
il prossimo
con un lampo d’acciaio fuso
lasciandomi implacato
a interrogarmi.
Se non poeta come il primo
come lui
vorrei essere cieco.
Il cuore allora
mi condurrebbe sicuro
fino agli occhi che mi attendono.
Notte di plenilunio
Era una notte di plenilunio
quando accadde di smarrirmi
tra ulivi argentati e richiami di civette.
Mi svegliarono
gli echi misteriosi di una Sibilla fenicia.
Quei suoni
mi colpirono i sensi
e la ragione non si curò
degli oscuri vaticinî.
Né mi fermarono
severi divieti
e sperimentati anatemi.
La musica dei tuoi pensieri d’amore
dileguò la paura.
Guidò i miei passi
ad attendere il sorgere
della nuova Luna
per sigillare
sepolcri profanati.
Da quella notte
ogni notte
accendo roghi allineati
rischiarando ombre
e segni
sfuggiti al Tempo.
Da quella notte
ogni notte
mi dissolvo
in turbini di scintille
che il tuo amore divino
trasmuta in lucciole.
Tremori
Ora
che in un solo sguardo
racchiudo
l’ansia del tuo corpo
e le volute dei tuoi trasalimenti
i miei giorni sono luce diffratta
e le notti accese spirali.
Lungo i tuoi recinti
conficcati sui frassini
biancheggiano
i miseri resti di idioti enigmisti
ignari di alfabeti alieni.
S’appressano umanoidi
psico apatici irretiti
che la tua annoiata vanità
cattura
sadicamente impietosa.
Fino a quando fingerai
di non scorgere
i martiri occhi
che conoscono
i tuoi gesti a venire?
Fino a quando la tua mente sceglierà
l’encomio eccitato e il pianto imbelle
per non leggere
le ragioni della tua essenza?
Sto nei pressi
Sto nei pressi
ad aspirare il tuo profumo
ad ammirare le tue pieghe
i tuoi movimenti,
le tue concessioni.
Stanotte, come ogni notte.
Accontentandomi
del carminio delle tue labbra
piegate nel sorriso.
Quel sorriso malizioso
e pure timido
intento a provocarmi
quando accendi la tua luce.
Sto nei pressi
chiedendomi
cosa ti suggerirebbe la fantasia
quali sublimi e dolorose provocazioni
se tu fossi per un attimo
solo per un attimo
consapevole della mia presenza
accanto a te.
Le tue belle natiche riacee
accostate a proteggere
l’anello e il velo
le cosce morbide di seta
che non trattengono
l’umore secreto dai tuoi sogni
in stille profumate.
Ma non dormi?
Ti giri verso di me
e le tue dita
morbide e sapienti
di fantasie distillate e segrete
danzano
sfiorandomi
forse sognando la mia presenza
Tendono la seta
i tuoi seni
alla carezza dei miei sguardi
e al rinfrescare della notte.
Promettono
ma io sono pura energia
recatasi presso di te.
Non mi è concesso confondermi.
Sto nei pressi
e i tuoi polsi si incrociano
sopra la tua testa
ricordandomi
il giorno del tuo avvento
felice già della tua esistenza.
Si piega all’improvviso
una gamba divaricandosi
per mostrare la gloria
di una perla rossa che emerge dall’apice.
Sto nei pressi
fino all’alba.
Per respirare i tuoi percorsi
attraverso la scia profumata
che lascia il tuo corpo
mentre riacquista coscienza
lentamente alla luce del giorno.
Il segno
Il segno
mi giunse puro e diretto
e annichilì di luce ogni variante.
Sedotto dall’assoluto inaspettato
ho imparato a leggere
la grammatica nuova
e il disegno delle mappe segrete
riconoscendole mie.
Si dissolvono le architetture
dentro spirali incandescenti
dove la carne bracca lo spirito
a sua volta inseguitore.
Infaticabile e stralunato
mi sottometto
a un desiderio implacato e mutevole
che chiama all’agape
commensali senza perizia
e ignari.
Riflessi l’uno nell’altra
prepariamo le quinte
e dipingiamo le scene
delle danze eseguite nei sogni
identici
che abitavamo senza conoscerci.
Suoni modulati e percussioni improvvise
catturano polsi e caviglie in attesa.
Le astratte geometrie dello spazio
e la ragione vigile e insonne
mutano al calar della notte.
Si aprono i recinti
severamente custoditi
e la terra e il cielo risuonano
di colpi cadenzati
in corpi confusi da musiche dervisce.
I movimenti pigri e gli sguardi indolenti
celati dalle maschere
cedono il passo
alle policrome follie incatenate dal giorno.
Finalmente libere.
Io mi innamoro
Io mi innamoro
Se la strada è affollata
l’aria trasparente
e spira una brezza di terra
m’innamoro
Cento volte
La luna velata di vapori rossi
aggiunge passione
ai profumi
che mi muovono il sangue.
quando gli occhi hanno compiuto
la congiunzione
Io mi innamoro
del trionfo di piaceri
che hanno il coraggio di manifestarsi
senza vestirsi dei merletti ingialliti
nei cassettoni
di polverose soffitte
con vista sul mare
Io m’innamoro
E parlo in versi
che si posano
come carezze
sulle dune e gli anfratti
di bruciati
incalpestati deserti
Io m’innamoro
Gabbiano con le ali gonfie
degli oceani che ho attraversato
so distinguere il grido
di chi apparecchia il nido
sullo scoglio più alto
per custodirvi la vita
Non mi trattiene allora
il maestrale violento
che travolge le vele
né l’abbraccio mortale degli elementi
dissolutore di orizzonti
Mi faccio acqua e mi faccio vento
per incontrare l’unico destino