Io lo capisco lo stato d’animo di
tanti ex comunisti. Soprattutto della mia età ed educati dal PCI
a mettere al primo posto la Repubblica
e l’unità nazionale. È anche il mio. Ascoltare orgogliosamente la lezione magistrale di un riformista
comunista a un Parlamento mostratosi
impotente non è bastato ad attenuare l’amarezza. Ritrovarsi un governo di ministri in
larghissima misura di cultura e
ispirazione democristiana, in una Italia depressa, frantumata e attraversata da
grumi di odio insolubile, colora le giornate di un sottile smarrimento. Ci sta.
E virilmente bisogna acconciarsi a questo passaggio.
Che è una necessità e non una
nuova era.
Quello che sembra un destino
fatale e beffardo è solo la forma che prende una transizione. L’inettitudine,
sommata all’arroganza, di molti eredi di quella grande tradizione del PCI ha determinato un risultato che appare come
una gigantesca rivincita della balena bianca. Sono i muri di cinta costruiti
dentro il PD, sin dalla sua fondazione, che ci hanno regalato questo risultato.
Sono le mobilitazioni interne contro gli intrusi che hanno reso apparenti
vincitori quelli che il popolo ha sanzionato con sei milioni di voti perduti. Sono
le insopportabili sordità alla protesta popolare che hanno gonfiato di seguaci
la violenza verbale del comico Grillo.
Sto per prendere la mia
quarantatrentesima tessera. Vengo dal PCI ma neanche per un attimo ho sentito
Matteo Renzi come un alieno dal mio PD. Al contrario, ho sentito quelli con le
mie stesse radici parlare una lingua che mi era sì molto nota, ma vecchia,
incomprensibile, inutilmente aspra e rabbiosa, anche quando si nascondeva
dietro la bonomia del dialetto emiliano.
Possiamo tornare al Lingotto e
andare oltre il Lingotto. Se guardiamo serenamente la verità di questi mesi e
la lezione che ci consegnano. Soprattutto i milioni che si fanno partito per gli
ideali costituzionali, per l’innovazione, per l’intelligenza e il merito, per
la legalità e che non hanno progetti di carriere politiche. Democratici.Rigorosi
però. Chi ha sbagliato politicamente deve farsi da parte. Almeno il tempo per
dar prova di non voler perseverare. L’equilibrio di questa transizione è
instabile ma ci offre il tempo
necessario per prepararci nel modo più giusto e, soprattutto, più netto per
guadagnarci la Terza repubblica che vogliamo per i nostri figli e i nostri
nipoti.
Nessun commento:
Posta un commento