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giovedì 18 aprile 2013

55 giorni giorni furono quelli del sequestro e dell’assassinio di Moro, 55 si avviano ad essere quelli nei quali è stato sequestrato un paese dentro scelte politiche sbagliate. Cerchiamo di liberarlo e non di ucciderlo.



Lo dico con gli ultimi sentimenti di solidarietà verso chi ha con me una storia comune: non ci avete capito niente, e siete in molti. I giudizi e le analisi di chi, a vario titolo, si è sentito parte e supporter di un gruppo dirigente, sono consultabili negli archivi dei giornali e sul web. Sono stati giudizi e analisi completamente sbagliati. La fisiologica presa d’atto, il 26 febbraio, è stata ignorata e si è perseverato in un errore che rischia di dissolvere il PD. E non viene nessun vantaggio alla repubblica da questa dissoluzione, anzi. C’è un PdL sempre più monocratico e ossessionato dai problemi giudiziari del suo padrone, con il quale non è pensabile nessuna collaborazione che non alimenti, a torto o a ragione,  disgusto dell’opinione pubblica. Sull’altro lato c’è un movimento senza democrazia interna, gonfiato dalla disperazione degli elettori, che gioca allo sfascio, utilizzando il narcisismo anticasta di vecchie e nuove mascherine e l’immaturità di una opinione pubblica mantenuta adolescente da un sistema dell’informazione – inossidabile nei suoi conflitti d’interesse proprietari -  tra i più corrivi tra quelli delle democrazie occidentali. Chi ha i capelli bianchi come me, non saprebbe spiegarsi altrimenti come un ottantenne della prima e seconda repubblica venga con grandi strepiti issato a simbolo del rinnovamento in antagonismo a un coevo
altrettanto castale. Capisco che questo sia il giochino tipico nel quale si è sempre distinto il radicalismo italiano - Giacinto Pannella  ci ha costruito un solido potere di interdizione e di contropartite – non capisco invece i ragionamenti di tanti giovani contemporanei se non con l’amara conclusione, appunto, della mancanza di cultura istituzionale e di superficiale emotività tutta mediaticamente costruita.

Non ci orientiamo e non troviamo soluzioni dinanzi  al problema che tutti abbiamo di fronte se l’analisi dello stato del paese non ci illumina.. Occorreva, dopo il disastro berlusconiano, un governo di lunga durata Affidabile, competente, certosino, equo socialmente, feroce nella riduzione di tutto il parassitismo burocratico e clientelare. Bersani e l’oligarchia sorda che lo circonda hanno immaginato di poter vincere le elezioni e governare l’Italia immaginando che la crisi del PdL li avrebbe favoriti oltre misura. Non hanno ascoltato Matteo Renzi e non si sono affidati a lui. Non solo perché nelle competizioni ognuno ha legittime differenti posizioni, ma soprattutto perché il sindaco fiorentino ha affermato qualcosa che nessuno prima di lui aveva osato affermare: badate che voi non siete la soluzione, voi siete, per gli italiani,  il problema, così come lo è Berlusconi.

Le elezioni gli hanno dato ragione. Gli italiani per la maggior parte hanno protestato con il vaffanculo grillino e con l’astensione, infilando il paese nelle sabbie mobili. Un gruppo dirigente
Non ossessionato dai propri personali destini, avrebbe passato la mano per permettere un governo di scopo, una riforma elettorale e il ritorno alle urne. Perché? Perché il paese ha bisogno di un vincitore certo per affrontare una  crisi che sarà di lunga durata  e non di una tomba tripolare con gli sberleffi di un comico sull’orlo del precipizio. Un vincitore certo – di centro destra o di centro sinistra non è questo il punto – che con il proprio oppositore concordi su una legislatura costituente che dia al paese un assetto istituzionale più moderno e capace di assicurare la governance anche a fronte di una grande pluralità di opinioni politiche.

La posta in gioco è questa, non altra. Allora questo aereo che si trova in stallo e può quindi avvitarsi irrimediabilmente per schiantarsi ha bisogno di piloti competenti che accompagnino questo passaggio, non la costruzione di maggioranze senza costrutto e stabilità come quelle irresponsabilmente evocate sia verso Berlusconi che verso Grillo.

Il PD deve darsi come candidato quello migliore e che unisce tutto il partito in questa prospettiva,  non blandire un’opinione pubblica resa vieppiù rabbiosa da 55 giorni ( sembrano quelli del sequestro Moro) gestiti senza intelligenza e senza trasparenza, abbandonando apertamente ogni idea di governo di lunga durata. 

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