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lunedì 8 aprile 2013

Non serve un Midas al PD, ma un San Ginesio

Se qualcuno confida su un moto dal basso che indirizzi l’insieme del PD verso la ragionevolezza di un programma di emergenza e di un voto da tenersi tra estate ed autunno affidandosi – qualunque sia la legge elettorale – alla leadership di Matteo Renzi, nutre grandi illusioni.

Il parastato partitico del mondo della sinistra, dentro il quale è collocato ancora pesantemente il PD,  ha tutto da perdere dalla gigantesca cura dimagrante che devono fare gli istituti di rappresentanza, gli enti intermedi, tutte le sinecura inventate per sistemare capibastone territoriali, regionali, comunali, circoscrizionali. Certo circola ancora molta nostalgia ideologica,  ma è  strumentazione  polemica per nascondere  la sostanza:  gli interessi, le carriere di una miriadi di mestieranti partitici. Le nomine nelle migliaia di enti comunali, provinciali, regionali  e  i bilanci di piccole e grandi coop beneficiati da una spesa pubblica facile e dalla magnanimità delle licenze della grande distribuzione.

Per questo non appare buffo che un signore non iscritto al PD si presenti per candidarsi alla sua guida. Quella roba di cui parlavo prima lo ha già annusato ed è pronta a farlo vincere “democraticamente” nei congressi. Ma se fosse questo il disegno, cioè l’ennesimo rimpannucciamento intorno alla ditta il disastro generale per il centrosinistra sarebbe irreversibile.  

Il Paese, al di là di mirate, brevi e finanziariamente autosufficienti politiche espansive deve “risputare “ tutto quello che ha ingoiato di surplus legato alla dissipazione del denaro pubblico per cementare consenso e deve dotarsi di un nuovo sistema di govenance scegliendo un modello istituzionale più consono alle sfide che l'Europa unita richiede.  Chiunque governi. Allora la questione decisiva, rispetto all’emergenza politico sociale italiana è se gli eredi più intelligenti dell’ex PCI, pur senza l’autodafè dello streaming bersaniano grillino, abbiano un soprassalto autocritico e dimostrino compassione per l’Italia. Non è un Midas quello che serve, ma un San Ginesio. Nel bene e nel male ancora una volta è Massimo D’Alema che ha le carte che servono a un processo unitario e non scissionistico.

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