Marzo 1960
Era il tempo della ginestra
e rincorrevo i tuoi pensieri
ubriacandomi
della tua tenerezza.
I tuoi occhi ridenti
incontravano i miei
disperdendo antichi fantasmi.
Per sempre
Sciogli sicura il tuo desiderio
sarà per sempre
Insegui libera i tuoi sogni
sarà per sempre
Apri il tuo cuore
sarà per sempre
Insieme canteremo
la nostra epifania
Mare nostrum
Sale dal vicolo
la musica dolce
di una pianola a cilindri
Il vecchio la muove
sognando
e ignora dove gli aghi
attingano le note
La mia pelle no
Ad ogni giro
rammenta la partitura
segnata sul tuo corpo
L’eco rimbalza
tra le bianche case
degradanti al mare
e insegue la tua corsa
libera e ridente
Quando alla riva
s’arrestano i tuoi passi
tace l’ultimo accordo
fra gli assorti gabbiani
Ogni notte
Ogni notte
veglio sui tuoi sogni
amore mio riconosciuto
per risarcirmi del tempo
che non ho trascorso
vivendoti
Conto i respiri senza affanno
e leggo le palpebre mosse
dai desideri nascosti
nei tuoi giorni lenti
liberi
al salir della luna
Non ho chiesto permessi
né preteso certezze
Mi affido
al piacere degli occhi
Instancabili
Moby Dick
Il colore dei nostri silenzi
dipinge i giorni che scorrono lenti
come il respiro delle maree
Gli occhi feriti nelle discese
hanno guardato nel lungo cammino
tutte le maschere del carnevale
Sospeso dentro incerti pensieri
disegno immagini che ti somigliano
per imparare a scoprirti nel buio
Balena bianca dello spirito mio
non posso accettare abissi profondi
che non siano abitati solo da noi
Aprile
Tu c’eri.
Li hai visti quegli occhi
e i ridicoli passi.
Venti anni
il capo chinato.
Non giudicarmi:
pago le tue paure.
Dallas
Ascoltate.
Stanno compiendo un delitto.
Stanno uccidendo l’amore nel mondo.
Guardate
quei corpi grassi
sudati
quei volti bianchi
accigliati.
Sono loro.
Gli assassini di sempre
usciti dalle fosse dei morti senza nome.
Sono tornati vi dico.
I neri signori
e con essi
la guerra
Viet Nam
Darà un grande raccolto
quella povera terra
intrisa del sangue
dei morti contadini.
Si nutrirà
dei giovani corpi disfatti
di stellate truppe d’assalto
quando gli aratri
pietosi
spaccheranno le ossa
seppellendole.
Incontri
Percorrono nuovi sentieri
i moderni pellegrini assetati d’assoluto.
Non graffiano i piedi stanchi
ciotoli di mitili e sabbie roventi.
Pixel e byte danzano leggeri
da un meridiano all’altro
per condurli in basiliche di cristalli liquidi
al cospetto di se stessi.
Progresso
Quattro pioppi.
Un mulino.
Una ruota stanca.
Marcita
nell’acqua verde azzurra
di foglie morte
senza vento.
Mura pazienti
corrose dal tempo.
Immobili
nell’ inutile attesa del canto della macina
amico ai contadini.
Memori
di occhi bianchi gioiosi
inseguenti
gli ultimi grani.
Splendono a monte
lastre lucenti
rispecchiando lecci argentatati.
Le mani callose
dei figli senza memoria
timbrano cartellini.
Filastrocca di Didilla
Chiudi gli occhi Principessa bella
chè io sono la tua sentinella
Chiudi gli occhi e non temere
ché del tuo carro io sono il cocchiere.
Sogni d’oro, sogni di miele
profumata è la luce delle candele
Splenda il sole o tiri il vento
corrono i baci sotto il tuo mento
Cada la pioggia o scenda la neve
la mano mia ti accarezza lieve.
Chiudi gli occhi Principessa bella
ché Amore ti porta celeste novella
Chiudi gli occhi e prendi il volo
chè il tuo cuore non è più solo.
La nascita
Senza di te
una vita qualunque
Con te
miracoli dolcissimi d’amore
mi rendono visibile al Tempo.
Invidioso
dei miei possedimenti.
Ottobre
I primi freddi d’autunno
mi recano
la sinfonia degli aceri arrugginiti
e i gabbiani
a gridare
tra le raffiche del maestrale
che s’alza.
Irride il mio cane
e le sue inutili rincorse
la volpe rossa
uscita dal canneto
stralunando
due impettite civette.
Stupita
l’anima mia
attende la sua stagione
e l’incanto di una favola nuova.
Amanti
Vieni.
Parliamo di noi.
Delle cose che abbiamo.
Dei giochi inventati
tra mille carezze.
Vieni
a donarmi la gioia
dei tuoi occhi smarriti.
Prima che torni
la luce dell’alba.
La tempesta
Vennero da lontano
nubi nere
inavvertitamente.
Mescolandosi al rosso del tramonto.
E fu silenzio intorno
e attesa.
Poi
terra e cielo si confusero nel Caos.
I giorni del lupo
Rose rosse attraversano Roma
strette al seno
coprono l’assenza.
Il petalo più alto
sfiora
l’orecchio ferito
e il collo disarmato e pieno.
Il Tempo
trafitto dal suo avvento
cerca invano la rivincita
nel giorno genetliaco.
Occhi verdi ambra
accendono fuochi
per i miei passi di lupo
lungo sentieri separati
sotto un cielo senza sogni.
Quarto di luna
Ora ci giunge
il respiro degli ulivi
argentati
dalla luna saracena.
Le nostre anime
antiche e stanche
si riuniscono sciogliendosi
nelle labbra accostate
ad alitarsi baci.
Plenilunio
Ti darò la vita,
i miei segreti,
il mio sangue.
Cosi cantavi
e s’accendeva
il verde dei tuoi occhi
fosforescenti
crateri della mia luna.
Io sono
tutto ciò che non hai incontrato prima
Io sono la poesia.
Suoni
Si inseguono beffardi
richiami di corvi.
Tra i pioppi
tenere allo sguardo
le gru velate di nebbia.
Suoni d’autunno
ignoti
tagliano i miei pensieri
cangianti nelle foglie dell’acero.
Ora mi avvolgono fili d’argento
e perle d’acqua trasparente
con il sapore dei nostri giorni
sulle anse del fiume
improvvisamente amiche.
Il viandante
Ho attraversato
sentieri diruti
e strade e viali bruciati dal sole
e greti risonanti del canto dei bambini
e brughiere senza fine graffiate dal vento.
Ho dormito
su letti profumati di tiglio
e sulla sabbia rubata agli oceani.
Ho guardato
i Carri e il Cigno
e la piccola stella del Nord;
la Croce del Sud
incontro al Centauro
e il Pittore a oriente del Dorado.
Ho ascoltato
il respiro degli amanti
e le loro parole di miele.
Ho bevuto
l’acqua azzurra dei monti
eternamente innevati
e il latte caldo degli armenti
transumanti al mare.
Ho mangiato
l’uva dolce e dorata
rubata alle api.
Ho sottratto alla quercia
il ramo nodoso
per appoggiarvi i passi
verso l’orizzonte.
Primavera
Civette in amore
si inseguono tra le siepi
argentate di brina
e ascoltano i miei pensieri
solitari e pigri.
Mi fissano i loro occhi divini
torcendo i colli
eretti nel trifoglio.
Riprende la vita nella valle
e intenerisce i sensi
esausti
di una notte senza sogni.
Pantelleria
Attraversi
l’aria rovente d’agosto
dondolando i fianchi sensuali
sulle lunghe gambe
di ambra scolpita.
I tuoi occhi di Saffo
irridono
gli avidi sguardi.
Avanzi leggera
nei vicoli arsi
risonanti ai tuoi passi.
Impietosa e sorda
ai sospiri dei giovani petti.
Ricurvi
su vuote reti impigliate.
Avvento
Incontrarti e riconoscerti.
Dopo mille e tra mille
finalmente visibile.
Unica
ad esaurire gli infiniti desideri
nati dal rosario
degli attimi fuggenti.
Ulisse
Inseguo
nei colori di mille occhi
l’amore che so perduto.
Frammenti teneri e solitari
illudono gli attimi
di notti insonni
all’alba inappagate.
Lo specchio
Sono felice per te
in questa faticosa alba novembrina.
Lo specchio ti ha restituito le rughe
e un sorriso incerto
dal sapore di anice.
Passano gli anni
e il tuo corpo morbido e ambrato
nasconde solo agli altri
l’eterna innocenza di un sogno d’amore.
A.C.
Ho incontrato la mia donna
sulla strada di Gerusalemme.
E’ bella come una principessa
degli altipiani etiopi.
Ha negli occhi l’oro e lo smeraldo.
E’ filigrana di rame la sua pelle.
Ho sfiorato la sua mano
e intrecciato le dita,
teneri bambù delle acque del Nilo.
Ho posato gli occhi
sul suo cuore innocente.
Ho abitato i suoi sogni
di timida gazzella.
Ho ascoltato il grido dei predatori
tra i rossi vapori del tramonto
e il volo bianco degli aironi.
Ho condiviso la paura degli innocenti
e la gioia della fioritura.
Ho fermato il tempo sciogliendole i capelli.
Ho bevuto il suo miele.
Ho custodito i suoi sorrisi.
Ho incontrato la mia donna
sulla strada di Gerusalemme.
Paure
Temo
l’intervallo della tua assenza.
Risorge di nuovo il Tempo.
Nudo e innocente tiranno
seziona le nostre vite
appena riunite
per rubarcele ancora.
Non lo fermano parole e pensieri d’amore
o pietà per il nostro lungo viaggio.
Solo lo dissolvono
dita intrecciate
e anelli di braccia.
Apparenze
Velata di lino
dondoli
le tue natiche rotonde
sulle gambe nude.
Come un marinaio negli angiporti.
Guizzano ad ogni passo
i tuoi polpacci dorati.
L’aria calda di agosto
ora ti avvolge
e ti accarezza.
Ora si sposta
riverente
al tuo procedere spavaldo.
Lungo il corpo
le tue mani
e lunghe unghia affilate
promettono ferite
agli amanti coraggiosi.
Di notte
quando nel buio
intrecciamo le dita
tremi teneramente
invocando carezze.
Per me solo
Mi gela il sangue
e mi ferisce l’anima
la confidenza dolce
che concedi agli altri
lungo percorsi che mi tagliano fuori.
Tra i mille e mille teneri volti tuoi
intermittenti
uno mi appare
estraneo.
Messaggero delle strade e del tempo
che sola
fin qui hai attraversato.
Ritorni
Mi assicurano l’eternità
gli occhi nuovi che tornano
a perdersi dentro il mio sguardo.
Dolenti bisogni d’amore
li accolgo senza domande
e risplendono come stelle
a ogni rinnovata pulsione.
Vite sospese
nella nostalgia di fuochi mai accesi
apprendono come fanciullii
l’ansia del cammino
e cercano la mia mano
per un tratto di strada.
Le Parche
Vieni
intagliamo un arcolaio
con il legno degli ulivi
che nascosero i nostri corpi
amanti.
Vieni
cerchiamo un fuso
sotto la luna saracena
per filare la nostra vita.
Vieni
intrecciamo un gomitolo
con il verde dei tuoi occhi
l’ambra dei tuoi corti respiri
l’azzurro dei tuoi sogni adolescenti.
Vieni.
Legati ai miei polsi
con un filo indistruttibile.
Proviamo ad ingannare Atropo.
Niederau
Tornerò
nelle valli di Niederau
dove cadono dal cielo
fiori di Ibisco.
Tornerò
a cercare i tuoi sorrisi lievi
tra i balconi di verbena
e il volo delle api
Tornerò
a scoprire il segno del tuo corpo
sull’erba verdazzurra dei prati.
Tornerò
dove il Tempo si è fermato
annichilito
da occhi fosforescenti
che sigillarono il mio cuore.
Senza più domande.
Senza più parole.
Croazia
Sospeso e infine smarrito
mi imprigionarono
occhi croati di smeraldo
dentro cristalli di rocca.
Appena ieri
muovendo lieve l’aria e la luce
attraversata dagli idoli
della mente ferita
sei tornata.
Anche tu
amore mio
hai viaggiato lungo strade
di pietra viva.
Ferita.
Versando il sangue su inutili altari
placandoti nel piacere di un attimo.
Un pendolo arcano
riunisce i passi
legando le comete della nostra vita.
Il verde dei tuoi occhi splende
come allora
sulla pietra nera del porto
che lasciai dolente.
Il Tempo può ora fermarsi.
Impotente
sul nostro respiro.
ormai uno.
Vicini
Ascolto
senza prendere nota
i tuoi pensieri della notte.
Corrono come formiche
disorientate dal vento.
Ti dono il mio silenzio.
I miei sguardi teneri
percorrono il tuo corpo.
Immemore della vicinanza.
Possiamo farlo
Non c’era ragione
che tu movessi la fronte
a cercarmi gli occhi
per riconoscerli.
Sapevi già.
Tutto ti era noto
e ai miei occhi hai offerto
il sentiero e la gola.
Arresa.
Solo dopo hai svegliato i guardiani
e calato il velo dei tuoi pensieri
gelidi
negando i giorni nuovi.
Due di fronte
per diventare uno
ma non era questo
ciò che volevi.
Possiamo farlo.
Ti sussurrai disarmato
e s’incrinò la tua rocca.
Ora percorro i tracciati
della tua apparenza
che confonde marinai
senza bussola e stelle.
La tua mano si stringe
attorno a una conchiglia
mai ricevuta.
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