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giovedì 4 luglio 2013

Top player? No, The Artist

I piedi di Paul Pogba, non affondano nell’erba del prato verde, come quelli di tutti gli altri pedatori di football. Il watusso bianconero, come tutti i cacciatori degli altipiani della sua razza, corre leggero su cuscinetti d’aria. Avanza a testa dritta; caracolla quasi indolente, scarta, gira su se stesso e continua a danzare con il pallone legato da un invisibile elastico alla sua sottile caviglia di fondista. Passa la palla in corsa e staziona visibile e raggiungibile per soccorrere il compagno triangolatore. Se deve recuperare il pallone sfuggito le sue leve disegnano archi improbabili e i suoi piedi si fanno prensili per riprendersi il maltolto e ripartire. Solo quando decide di beffare ai 25 metri l’estremo difensore avversario, solo allora, i tacchetti del suo scarpino colorato, in appoggio, perforano il sostegno impalpabile che li sorregge leggero per affondare sulla zolla del campo a caricarsi dell’energia per disegnare la parabola imprendibile. Il tifoso bianconero, che per la prima volta lo ha visto apparire nel campo nobile e familiare di Villar Perosa, complice un destino beffardo e lungimirante che lo ha sottratto alle cure del, buon per noi, troppo temporeggiatore Ferguson, ha finalmente, lì dove i passaggi banali si tramutano in illuminazione artistica, l’interprete di un lungo tratto di futura gloria e di gigantomachie. Paul Pogba. Nella sequenza onomatopeica delle due P, intervallate da un attimo impercettibile di sospensione, c’è l’esplosione ripetuta - Pum, pam - che nei fumetti che ancora amiamo accompagna l’eroe vendicatore di torti nel duello finale.
Top player? No, The Artist, e per noi italiani figli del Rinascimento è il massimo.

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