La discussione sui limiti delle
donne e degli uomini nuovi che si propongono per governare il paese è
francamente piena di luoghi comuni, sopravvalutazioni mitologiche dello stato e
della sua complessità, conservatorismi, confusione sulle caratteristiche preminenti
che deve possedere un primo ministro. Certo,
in Italia più che altrove, ci sono specificità della sua costituzione
materiale, che impongono ad ogni governante di conoscere bene almeno la storia
del paese.
C’è una sovranità limitata,
codificata con un vero e proprio trattato - i Patti lateranensi - riscontrabile, per qualche verso, solo nelle
repubbliche islamiche, in quanto a ingerenze, pregiudizi ideologici, pretese
etiche. Questa specificità richiede al politico laico una grande
autonomia culturale, un forte senso dell’equilibrio e dello stato, una visione
dei grandi processi conoscitivi da consolidare senza fughe in avanti..
C’è una criminalità organizzata
con un governo della violenza e della finanza antico, diffuso territorialmente e
molto evoluto, che determina distorsioni economiche gravi,influenze politiche
sotterranee, tensione permanente dei corpi dello stato che devono intendere, prevenire,
reprimere, spesso in solitudine e orientati dal valore preminente della res
publica - come accade all’Arma dei Carabinieri, che ha fatto di questa fedeltà una
ideologia - e che reclamano premier
trasparenti, non ricattabili, incensurati.
C’è una burocrazia amministrativa
tra le più pletoriche, dispendiose e dense di attrito decisionale che non è più
in sintonia con una visione politica nazionale , sia pure di parte: gestisce autonomamente i suoi privilegi, è al
centro, ancor più dei partiti, di un sistema opaco e spesso corrotto di
accaparramento delle risorse pubbliche. E questo richiede un politico che abbia
almeno una qualche esperienza amministrativa sul campo.
C’è un sistema industriale
atipico, costruito su grandi punte
eccellenti, correlato a un indotto diffuso, creativo, ma di ridotte dimensioni
e spesso border line nel rispetto dei
diritti dei lavoratori e dell’obbedienza
fiscale. Un sistema costruito dall’intervento statale e da una intelligenza
programmatica consociativa che si è via via perduta con il modificarsi degli
equilibri mondiali e le mancate risposte alle nuove sfide. Mancate risposte in
termini di investimenti in ricerca, innovazione, ammodernamento tecnologico. All’ombra
di questo sistema si è consolidata una borghesia parassitaria, sempre
protezionista, che della fase della economia globalizzata ha saputo cogliere
solo le occasioni predatorie del risparmio nazionale, mettendo, con la
complicità dei partiti, le mani sul controllo dei servizi e delle banche. Un
tale dato strutturale richiede una conoscenza dei meccanismi economici
fondamentali, un pragmatismo sperimentatore e innovatore.
Poi c’è la crisi mondiale: è così estesa, profonda e così carica di
novità che rende inesplicabili alcuni
fenomeni e inutilizzabili le vecchie
ricette sul ciclo; il dato certo è che impone una dimensione geografica e politica enormemente
più grande di quella nazionale. La parola chiave per noi diventano gli Stati
unisti d’Europa. Il politico adeguato deve essere non solo un europeista
convinto ma culturalmente un cittadino europeo.
In questo contesto misuriamo dunque
protagonisti, candidati vecchi e nuovi. Stando alle regole del buon senso
comune dovremmo scartare quanti hanno dato lunghe e ripetute cattive prove di sé
o che addirittura, con la vecchiezza delle loro impostazioni, sembrano più
costituire un problema che una soluzione. Personalmente non indulgo al novismo né
tantomeno alla mitizzazione delle vecchie volpi: di queste, poi, aborrisco il
ghigno che gli ultimi trenta anni gli hanno stampato sul volto. Ci sono
numerose donne e numerosi uomini che hanno ben studiato e ben lavorato che si
propongono senza ricorrere alle appartenenze ma presentando progetti e idee. Hanno
visibilità? Verranno scelti?
Questo mi sembra il tema
principale della selezione e in questo senso il ciclone Grillo, la
sparigliatura di Renzi e anche la
testardaggine di Bersani sulle primarie anomale sono comunque rotture di argini
che possono permettere un fisiologico rinnovamento. Ma, aggiungerei che a
questo fine è indispensabile che si formi un raggruppamento che si richiami
esplicitamente a Monti e alla Fornero e che guardi a sinistra.
Sapremo scegliere? Ci incombe questa responsabilità di scelta ma,
soprattutto, ci appartiene la possibilità di investire in autorevolezza donne e
uomini per un governo. Infatti, se al candidato a guidare il paese richiediamo
competenza, cultura storica, onestà, combattività, dobbiamo sapere che la forza per decidere in modo libero e
autonomo, gliela daremo noi. E questa forza è essenziale per governare bene. E
qui le cose diventano incerte perché la paura di innovare attanaglia i partiti.
Il problema, infatti, non è se Monti,
Fornero, Bersani, Renzi, Alfano, Casini, Grillo hanno qualità e competenze
sufficienti e capacità di allestire squadre efficaci ma che
tipo di potere di governo il nostro assetto istituzionale è in grado di
garantire a chi si propone democraticamente per essere scelto. Mario Monti, per
fare quello che ha fatto in 10 mesi - e ha fatto tanto – ha goduto di una “riforma
istituzionale” eccezionale, quella del fallimento della destra e dell’inadeguatezza
della sinistra cristallizzati nel Parlamento attuale, il chè ha permesso a Napolitano,
sostenuto dalle cancellerie europee e dagli USA, di nominare il Governo del
Presidente.
Ma noi che andremo a votare
avremo questa possibilità? Il nostro voto, con queste regole, ci permetterà di
dare all’Italia quel governo forte, stabile in grado di prendere decisioni
rapide e persino impopolari?
Non mi pare.
E non credo che l’accordo
raggiunto da ABC sulla legge elettorale abbia il peso riformatore che ci serve.
Allora la prossima legislatura dovrà essere una legislatura costituente, Deve
porsi il problema di un assetto istituzionale che coniughi governabilità e
rappresentatività. E’ mia personale convinzione che a noi serve il modello
francese. Per questa ragione penso sia necessario che la leadership del governo
attuale tagli corto con le riserve sullo scendere in campo non più da tecnici
ma da politici. Occorre un patto chiaro e manifesto tra Monti e Bersani per un governo che abbia la fiducia
dell’Europa e degli USA e che adegui
rapidamente il proprio assetto istituzionale per le sfide che verranno.
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