Il calcio, si sa, oltre ai
sentimenti degli appassionati, muove tante altre cose, soprattutto economico-finanziarie.
Siamo in questo a una svolta strutturale. Bilanci sani, stadi di proprietà,
ridefinizione delle remunerazioni. In Italia alcuni club si stanno comportando
meglio di quelli europei, peccato che l’azione di governo (sia locale che
nazionale) non accompagni con misure incisive quest’azione di risanamento. Tra
l’altro mettere in cantiere la costruzione di quattro/cinque grandi stadi
darebbe fiato a tante imprese piccole e medie dell’edilizia e del suo indotto.
Oltre a cogliere un’occasione di riqualificazione di aree urbane e
metropolitane. Si preferisce, invece, attizzare le polemiche, costruire polveroni,
lisciare il pelo agli ultras. C’è bisogno di svecchiamento e di sburocratizzazione
delle istituzioni specifiche del calcio e dello sport. Qualcosa si muove ma con
eccessiva lentezza. Torino e Roma, al netto delle immaturità di frange di
tifosi, stanno meglio di Milano, dove una squadra è ancora prigioniera del
conflitto di interesse del padrone e l’altra sta per passare di proprietà e non
è chiaro se questa si muoverà nel rispetto del fair play finanziario o se
replicherà i difetti dei paperoni russi, arabi o spagnoli, con grave danno per
il rigore nazionale. Il Napoli, liberatosi del provincialismo vittimista di Mazzarri
e avendo investito intelligentemente la plusvalenza del mercato, può ritrovare
una stabilità nei livelli alti ed è un’ottima notizia. «Siamo ciò che facciamo
ripetutamente. L’eccellenza non è un atto, ma un’abitudine» Diceva
Aristotele. Al Napoli questo è mancato ma Benitez è l’uomo giusto per radicare
questa abitudine e non farsi risucchiare dall’interessato e plebeo vittimismo meridionale. Roma e Fiorentina sono due splendide realtà
destinate a crescere quanto più i propri manager sapranno rendere impermeabile i
rispettivi spogliatoi alle interferenze delle tifoserie, vera croce e delizia
di questi club. Insomma ci sarebbero le condizioni per riprendersi l’eccellenza
in Europa investendo, fuor di chiacchiera e retorica, in giovani, collettivo e sudore. Il 2014 è l’anno
dei mondiali in Brasile. Ci siamo già qualificati. Il mio sogno è di arrivarci
con una Italia cambiata nei vertici. In tutti i vertici. Un’Italia dimezzata
nella sua burocrazia gerontocratica e rallentatrice, liberata dalle vecchie
figurine del Novecento. Aggiungo un sogno che mi perseguita: un’Italia che
costituisca l’Ente nazionale rifiuti, togliendo quella che è una risorsa moderna
alla rete criminogena degli interessi e delle incompetenze particolari ed affidandola
alle soluzioni della Scienza e della Tecnica. È il mio personale bandolo della
matassa…
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